Il Prof. PAOLO BELLAVITE
Questa è la sintesi del mio pensiero su “Scienza e vaccinazioni”. La faccio circolare perché sono certo che pochi abbiano avuto la pazienza di leggere il testo completo di 290 voci biblio.
Mi scuso per la lunghezza! (immaginate la versione integrale!)
In questo lavoro si è cercato di mettere in luce gli aspetti scientifici e giuridici più controversi e dibattuti con cui si confronta il medico quando deve consigliare il suo paziente o la cittadinanza sulle varie problematiche che si pongono nella scelta se, quando e come sottoporsi ad un vaccino.
La scienza ha fatto molti passi avanti e nel contempo nuovi problemi sono emersi. In generale, si può sostenere che il rapporto tra benefici e rischi è a vantaggio della raccomandazione a vaccinarsi, ma tale rapporto varia secondo il tipo di vaccino, le modalità di somministrazione e ovviamente il soggetto da vaccinare. Da una parte non sarebbe accettabile una posizione “ideologica” di rifiuto generalizzato dei vaccini, dall’altra le incertezze sull’effettività di alcuni vaccini nel contesto epidemiologico attuale, sul ruolo dell’effetto “gregge” nella auspicabile eradicazione delle malattie e sui sistemi di segnalazione degli effetti indesiderati consigliano di procedere senza forzature. Tali forzature sarebbero rappresentate da un’estensione degli obblighi vaccinali in assenza di reali pericoli o da un divieto ai medici di manifestare posizioni critiche su alcune politiche vaccinali.
È certo che il medico, anche se non può essere definito uno “scienziato”, deve attenersi alle evidenze scientifiche disponibili. Quanto è stato qui riportato è sufficiente per dimostrare che, contrariamente a quanto si sente dire persino da alcune autorità sanitarie, le evidenze scientifiche sicure di efficacia (nel senso precisamente sviluppato dalla farmacologia moderna, e.b.m.), sulle quali puntare per dirimere le questioni, sono molto scarse e, per alcuni vaccini proposti, nulle. Il fatto che alcune tra le massime autorità sanitarie diffondano notizie allarmistiche sui rischi di ritorno di malattie infettive (difterite, polio) e troppo positive a riguardo dell’efficacia dei vaccini (influenza) non è giustificabile neppure come tentativo di contrastare le notizie di senso opposto diffuse dai circoli antivaccinatori.
Il caso dell’autismo è stato preso ad esempio della disinformazione in questo settore, ma il modo con cui è stato utilizzato e distorto (fino a far credere che il dr. Wakefield sia stato radiato per falsità scientifiche, mentre in realtà è stato vittima di una errata interpretazione dei suoi dati e di una campagna di stampa orchestrata dalle case produttrici dei vaccini) lascia intendere fino a che punto l’informazione che arriva al pubblico e anche ai medici sia parziale e fuorviante. La presenza di numerosi e facilmente identificabili conflitti di interesse nel campo delle produzione, commercializzazione e propaganda dei vaccini invita ad una ulteriore cautela nel valutare le notizie che si leggono o che si sentono.
Se a tale constatazione si aggiunge il fatto che il medico ha a che fare con persone e non solo con problemi scientifici generali, si deve concludere che l’intera professione è in una posizione particolarmente difficile e delicata. Tutto ciò raccomanda dialogo e prudenza, evitando in questo periodo rotture e demonizzazioni delle posizioni altrui. Decisioni rigide e drastiche potrebbero rivelarsi controproducenti e nuocere al rapporto di fiducia tra medici e cittadini. In nome dei vaccini non si può rinunziare ai capisaldi della nostra Costituzione repubblicana, cioè ai diritti fondamentali a partire dall’autodeterminazione e dal diritto alla salute, fino alla libertà di manifestazione del pensiero e alla liberta della scienza e dell’arte.
Famosi propugnatori dei vaccini sostengono che “la scienza non è democratica” o che “il vaccino non è un’opinione” e questi slogans si sentono ripetere spesso. Si tratta di slogans totalmente privi di qualsiasi fondamento nella storia della medicina e della scienza, che nessuno scienziato “vero” si sentirebbe di sottoscrivere.
Il primo dei due, se non viene smascherato come una semplice idiozia (visto che si paragona un sistema di conoscenza con un sistema politico) deve essere smascherato come un a pericolosissima idea che prelude al più bieco statalismo che usa non la “scienza” ma il potere tecnocratico contro il popolo.
Il secondo slogan è accattivante ma non ha alcun fondamento logico, né scientifico. Non ha fondamento logico perché la frase stessa è un’opinione personale di un “esperto” e per quanto tale signore sia famoso non cambia la sua natura di opinione; non ha alcuna validità scientifica perché qualsiasi scienziato sa che la ricerca fornisce dei DATI (“results”) i quali SEMPRE meritano una interpretazione (“discussion”) la quale deve essere critica e in quanto tale deve esprimere una opinione sugli stessi. Opinione non vuol dire arbitrio o falsità, vuol dire interpretazione dei dati.
La scienza medica e la politica sanitaria sono chiamate anche alla sfida di saper informare/persuadere correttamente in modo tale che i singoli e la collettività apprezzino consapevolmente i vantaggi della vaccinazione e i suoi riflessi sulla salute individuale e sociale. Tale opera di informazione presuppone che sia fugato il persistente e non infondato dubbio che in materia di vaccini gravino dalla parte dei medici e delle istituzioni competenti in materia sanitaria intensi e molteplici conflitti di interesse che, non essendo nemmeno dichiarati, pregiudicano da sé l’attendibilità dell’informazione che viene data.
I principali punti illustrati possono essere così riassunti schematicamente:
1. Le vaccinazioni hanno certamente contribuito alla lotta contro le malattie infettive, ma le mutate condizioni storiche, sociali, epidemiologiche richiedono una continua revisione della loro utilità in termini di rapporto rischio/beneficio. Il fatto che le malattie infettive per le quali esistono i vaccini (e anche quelle per cui non esistono) fossero in forte calo prima che i vaccini stessi venissero introdotti e che il calo si sia verificato grazie alle migliori condizioni igieniche ed economiche generali è indubbio. Le malattie non dipendono solo dalla presenza dei microbi ma da molte altre variabili individuali, sociali, economiche. Né le malattie infettive si evitano solo con i vaccini, esistendo anche varie misure di profilassi e di terapia. Ciò suggerisce che la vaccinazione debba essere inserita in un’ampia e flessibile politica di prevenzione, che si adatta alle reali patologie prevalenti e ai reali fattori di rischio.
2. Oggi le disparità di giudizio tra favorevoli ai vaccini e contrari al loro uso indiscriminato si sono acuite e il medico si trova spesso interpellato per le preoccupazioni espresse dai cittadini e soprattutto dai suoi assistiti. Le vaccinazioni non sono obbligatorie in Veneto e le malattie infettive sono comunque sotto stretto controllo. Obbligare i cittadini a vaccinarsi e sanzionare i medici che esprimono dubbi e preoccupazioni potrebbe essere una scelta non solo eticamente discutibile ma anche controproducente. La libertà informata del medico, che non è né scienziato né stregone, ma un professionista al servizio della persona e della società, è fondata sulla ricerca scientifica, sulla sua esperienza personale e sulle esigenze dei pazienti, più che su linee guida, obblighi e divieti.
3. Per quanto il principio della vaccinazione dal punto di vista immunologico sia plausibile e facile da comprendere al limite dell’ovvietà, ciò non significa che ciascun vaccino somministrato sia efficace e sicuro. Pur essendo farmaci, i vaccini per lo più non sono testati come i farmaci, né per la farmacocinetica né per i trials clinici. Anche se attuali norme di fabbricazione e i controlli delle autorità sanitarie consentono di avere a disposizione prodotti sicuri dal punto di vista delle possibili contaminazioni, le prove di efficacia dei singoli vaccini in commercio, in riferimento alla popolazione italiana odierna, non sono sempre sufficientemente rigorose da superare ogni dubbio. La questione si intreccia con le discussioni che esistono in ambito tecnico-scientifico sul cosiddetto “effetto gregge”. Si è visto però che per alcuni vaccini come vaiolo, difterite, tetano, pertosse, poliomielite, epatite B, rosolia, papillomavirus, meningite B non esistono prove sicure di tale effetto (o almeno che tale effetto sia tanto forte da attribuire solo alla mancata vaccinazione di alcuni la eventuale ricomparsa di piccole epidemie).
4. Gli esperti tendono a valutare la convenienza del vaccino (rapporto rischio-beneficio) in modo che siano considerate non solo l’efficacia ma anche la frequenza e il rischio della malattia. In Paesi poveri dove, per le condizioni igieniche e nutrizionali, le malattie sono molto frequenti e la mortalità infettiva è alta, non vi può essere alcun dubbio sul fatto che i vaccini siano raccomandabili. Ma in Paesi dove le malattie infettive sono rarissime (indipendentemente dal fatto che sia stato merito dei vaccini o di altri fattori) e quelle cronico-degenerative rappresentano le 10 cause più importanti di morbilità e mortalità, è lecito chiedersi se il rischio, benché piccolo, a cui si espone l’intera popolazione sia compensato da reali benefici per alcuni. Una risposta a tale importante domanda non può essere data sulla base di slogan o di “credenze” (né da una parte né dall’altra), né di invocati casi pietosi di bambini che non si possono vaccinare (vale solo per i virus vivi, e comunque i casi pietosi – tanti – ci sono anche tra i vaccinati) ma va sottoposta al massimo sforzo di ricerca indipendente e indagine epidemiologica sul territorio. Una presunzione” di efficacia “magica” del vaccino, come fosse una panacea di tutti i problemi di infettivologia, accompagnata a denigrazione sistematica dei dubbiosi non rappresenterebbe atteggiamento né razionale né scientifico.
5. Per quanto riguarda la sicurezza, i vaccini sono certamente “sicuri” perché preparati secondo le buone norme di fabbricazione e sottoposti a vari controlli, salvo isolati casi che il sistema di controllo normalmente riesce ad identificare ed eliminare. Tuttavia, il fatto che i vaccini siano farmaceuticamente sicuri non significa che siano innocui. I vaccini danno sicuramente delle reazioni infiammatorie locali, febbrili e di sintomi associati molto frequenti, che sono normalmente ritenute di poca importanza. In casi più rari possono dare, secondo il tipo, delle reazioni gravi. Purtroppo non esiste ancora un sistema efficace per prevedere le reazioni avverse, se non le anamnesi pre-vaccinali che possono rivelare solo i casi più semplici di incompatibilità. Maggiore ricerca sarebbe necessaria per individuare i soggetti a rischio, anche mediante studi longitudinali di apposite banche-dati.
6. Il sistema di segnalazione e sorveglianza degli effetti avversi dei vaccini è in progressivo miglioramento ed infatti negli ultimi anni le segnalazioni sono molto aumentate. Gli esperti ritengono però che tale sistema non sia ancora ottimale e molti casi restino non segnalati. Inoltre, le segnalazioni di effetti avversi si riferiscono normalmente a reazioni che hanno uno stretto rapporto temporale con la vaccinazione stessa, mentre è molto facile che una malattia infiammatoria cronica o autoimmune insorga a distanza di tempo tale da non poter più stabilire, allo stato attuale delle possibilità di conoscenze, se essa sia stata innescata dal vaccino o da altri fattori ambientali o infettivi. I dati pubblicati dall’AIFA, ente preposto alla registrazione dei casi, sono stati fermi al 2013 fino a pochi giorni fa, e comunque confermano migliaia di casi di probabili effetti avversi e alcuni morti. Esistono grosse disparità tra Regioni nei sistemi di registrazione e informazione al pubblico.
7. Quanto gli effetti “spiacevoli” dei vaccini siano gravi può essere discusso, sia per la soggettività di chi tali reazioni subisce, sia per ragioni tecnico-scientifiche che sono state qui illustrate. In particolare, è plausibile che ripetute e numerose sollecitazioni immunitarie-infiammatorie agiscano come campi di disturbo dei sistemi di difesa e di riparazione, potendo concorrere all’aumento generale delle malattie reumatiche e autoimmuni, assieme a molti altri fattori. Per tali malattie il sistema di sorveglianza degli effetti nocivi non funziona. Non è ancora escluso che i vaccini possano provocare raramente malattie cronico-degenerative, anche di ordine neurologico e persino psichiatrico (nella patogenesi delle quali vi è spesso una reazione infiammatoria cronica più o meno larvata). Cio’ non deve spaventare la popolazione (al momento pare plausibile ma non e’ sicuro) ma indurre gli organismi competenti a prudenza e ricerca.
8. I calendari secondo i quali i vaccini sono somministrati sono oggetto di discussioni in ambito tecnico-scientifico ed esistono forti indizi che non sia necessario né opportuno vaccinare in età troppo precoci per tutti i vaccini. In realtà, non è chiaro il motivo (se non di tipo organizzativo) per cui si debba per forza vaccinare precocemente e obbligatoriamente verso malattie che il neonato non può contrarre in alcun modo nelle attuali condizioni igienico-sanitarie (es. epatite B, poliomielite, difterite, tetano almeno fino all’età in cui cammina). Inoltre, non è chiaro il motivo (se non di tipo organizzativo) per cui si debba per forza somministrare più vaccini contemporaneamente, fino ad arrivare all’“esavalente”, caso estremo che pare sia stato introdotto per ragioni organizzative o di costi più che per reali motivi scientifici (infatti in Francia il consiglio di Stato ne ha appena decretato la non-obbligatorietà).
9. Il fatto che alcune autorità sanitarie sperino di ottenere un aumento di vaccinazioni con obblighi e sanzioni rivela l’incapacità di convincere la popolazione e i medici. Non vi è alcuna urgenza per inasprire il confronto e per introdurre nuovi obblighi per i cittadini o sanzioni per i medici che manifestassero preoccupazioni, obblighi e sanzioni, che oltretutto sarebbero contrarie al Diritto, a partire dai dettati costituzionali. Medici di MG e Pediatri sono dei liberi professionisti convenzionati col Sistema Sanitario nazionale per la loro attività di prevenzione e terapia delle più comuni patologie. E’ ovvio che la loro attività debba ispirarsi a “scienza e coscienza” ed esere indipendente da altri criteri “spuri”; talvolta ciò può comportare anche andare contro corrente e superare la stretta adesione ai “protocolli” correnti. I protocolli sono normalmente delle “linee guida” ma non sono mai obbligatori, perché la decisione di cosa fare spetta alla responsabilità del medico e al paziente in ogni singolo caso. Detto questo, viene da chiedersi se sia interesse della popolazione il fatto che i medici di MG e i Pediatri siano minacciati di sanzioni e persino di radiazione dall’Ordine se esprimono dubbi sui vaccini, mentre essi percepiscano un compenso extra per il fatto che iniettano i vaccini (e non per altre attività di prevenzione per malattie più frequenti come obesità, malattie broncopolmonari e cardiovascolari). Dato per scontato che il consiglio preventivo e terapeutico debba essere effettuato nell’interesse del paziente o del bambino, siamo sicuri che tale situazione favorisca una scelta disinteressata ed equilibrata, priva di “conflitti” di ordine economico e legale? E se il medico non è totalmente libero e disinteressato, quale garanzia rimane al suo assistito di essere consigliato o trattato al meglio delle varie possibilità? Si sente dire: qui non ci sono “scelte” da fare perché la Scienza ha già dimostrato l’efficacia e la sicurezza dei vaccini. Tale semplificazione viene ripetuta fino all’ossessione negli ultimi tempi dai mass media, ma ha un solo “piccolo” difetto: essa non rappresenta la realtà dei fatti e dei dati che si possono reperire in letteratura.
Alcune proposte
Qui si abbozzano alcune idee e proposte per quello che a chi scrive potrebbe sembrare un miglioramento delle strategie vaccinali, idee emerse dallo studio qui riportato. Ovviamente tali idee, in parte già presenti e discusse tra coloro che si occupano professionalmente dell’argomento, vanno considerate delle pure ipotesi e piste di riflessione.
– La prevenzione delle malattie infettive mediante vaccinazioni andrebbe meglio collocata all’interno di una visione complessa dell’epidemiologia, considerando tutti i mezzi a disposizione. Ad esempio, la raccomandazione della vaccinazione per HPV andrebbe di regola accompagnata da adeguate corrette informazioni sulle vie di contagio e metodi di prevenzione (ivi compresa la informazione che sarebbe un errore considerare il vaccino come protezione assoluta) e di prevenzione dei tumori mediante screening; la prevenzione dell’influenza dovrebbe essere implementata da raccomandazioni su come evitare il contagio in luoghi affollati, sul lavaggio delle mani, su come prevenire le complicazioni broncopolmonari nei soggetti a rischio; la prevenzione del morbillo va fatta mediante la raccomandazione di osservare bene i primi sintomi ed isolare il soggetto colpito, i famigliari e i compagni di classe, anche se vaccinati; ecc. Si deve potenziare la ricerca di medicinali antivirali.
– In assenza di reali pericoli di gravi epidemie (a parte l’influenza, per la quale malattia però il vaccino non è molto efficiente) bisogna formare e responsabilizzare la popolazione, evitando obblighi e sanzioni. Spiegare meglio cosa si propone in positivo, prendendo esempio dal successo delle strategie vaccinali in Veneto. In ogni caso evitare di “colpevolizzare” chi ritarda la vaccinazione o non si vaccina per validi motivi, perché costui non danneggia altri ma (eventualmente) rischia solo per se stesso. Prevedere uno studio sistematico dei casi in cui si verifica un ritardo nella vaccinazione (o persino la assenza di vaccinazione), utilizzando tali casi come risorsa sperimentale e non come “minaccia” al sistema.
– Implementare lo screening dei casi a rischio. Ad esempio migliorare l’anamnesi non considerando solo la presenza di altre malattie infettive ma anche storia di allergie e salute dell’intestino. Avviare una ricerca più sistematica della suscettibilità ad effetti avversi mediante un database immunologico e genomico. Migliorare il sistema di segnalazione degli effetti avversi cercando anche di includere le malattie croniche e autoimmuni, anche dei parenti di primo grado, come possibilità da considerare (abolire il criterio della consequenzialità temporale come criterio assoluto)-
– Rendere più semplice la scelta dei vaccini da somministrare a seconda delle necessità di ogni singolo individuo; rendere più flessibile la scelta vaccinale senza dover per forza ricorrere all’”esavalente”. Rivedere il calendario spostando eventualmente l’antiepatite B alle età in cui ci possa essere un vero rischio o solo per i bambini che abbiano parenti affetti da epatite B.
– Ipotizzare una ricerca su una possibile strategia di uscita da alcuni vaccini probabilmente non più indispensabili (es. Difterite, Polio) mediante lo studio accurato di persone che non si vaccinano considerandole una risorsa e non una minaccia. Preparare un sistema di contenimento di eventuali focolai mediante vaccinazione ad anello e terapie. Potenziare l’insegnamento delle malattie infettive nelle facoltà di Medicina e nelle scuole di Specializzazione.
– Non introdurre nuovi vaccini sulla base di pure ipotesi teoriche o di una presunta efficienza del sistema, senza che vi sia una vera e propria evidenza clinica di efficacia, fatta nelle condizioni di sperimentazione corrette. Sarebbe scorretto sottoporre la popolazione italiana ad un “esperimento sul campo” sull’effettività di un nuovo vaccino, cosa che sta avvenendo in pratica per l’epatite B e in parte l’HPV, senza che chi viene vaccinato sappia che si tratta di un esperimento. Sarebbe scorretto aumentare la copertura vaccinale solo per seguire direttive di Enti internazionali che scegliessero l’Italia come Paese-pilota senza una approfondita discussione pubblica e democratica di tale scelta.
– Istituire commissioni tecniche di indagine sui rapporti rischio/benefici e le coperture necessarie e sufficienti per raggiungere il cosiddetto “effetto gregge” per ogni singolo vaccino. Di tali commissioni dovrebbero far parte esperti di diverse discipline (scientifiche di base, cliniche, etiche, giuridiche, economiche), comunque di norma esenti da conflitti di interesse.
Per queste ragioni, alla luce di quanto qui esposto, il dibattito sulle vaccinazioni può e deve restare aperto ed è necessario incentivare la ricerca indipendente, rafforzando invece che bloccando il dialogo tra medici, scienziati, politici e società civile.
http://www.medicinapiccoledosi.it/vaccinazioni/vaccinazioni-consapevoli-non-obbligatorie/